Il mio incontro fortuito con l'ultima creazione di Aedes de Venustas è stato durante i giorni di Esxence ma ho promesso di non parlarne fino a che non sarebbe stato ufficialmente lanciato sul mercato. Da tempo si vociferava di questa fragranza e in particolare sul fatto che Ralf Schwieger sarebbe stato il naso. Amando diverse sue creazioni come Eau des Merveilles (Hermès), Lipstic Rose (Malle) e Philippine Houseboy (Etat Libre d'Orange), ero curioso di sapere come avrebbe interpretato l'iris, materia che adoro e che offre pietre di paragone magistrali come Iris Gris di Vincent Roubert e No. 19 di Henri Robert. Così alla prima occasione non ho resistito alla tentazione di provarlo su pelle. Ora che è in uscita in Italia in questi giorni, finalmente posso raccontarvi le impressioni che ho annotato sul mio tacquino.
L'ispirazione scelta da Karl Bradl et Robert Gerstner viene dalle colline intorno a Nazareth dove cresce una varietà di iris scoperta nel 1890 da un botanico tedesco e chiamata in seguito iris nazarena per la sua provenienza. Il fiore, pressoché inodore in natura, offre però lo spettacolo inusuale della sua bellezza cinerina che tende verso l'alto nel controluce delle venature violacee mentre si flette verso il suolo macchiandosi dei toni del fango. Proprio questa tensione fra cielo terra si avverte nella composizione di Schwieger che mantiene come protagonista l'incenso. Anche se non si può parlare di vera e propria "Venustade", l'olibano rimane il cardine olfattivo comune anche alle precedenti composizioni di Bertrand Duchaufour.
La sensazione traslucida e perlacea è materializzata dalla radiosità minerale e quasi metallica del cashmeran che soffia dal fondo verso l'alto il rizoma d'iris e l'olibano, eleganti e austeri. L'aspetto floreale si coglie appena spruzzata la fragranza, ma è un'impressione fugace fatta di pennellate d'acquerello fra rosa di maggio, pera ed orchidea che scompaiono nel verde. Alludendo ai sentori di lievito dell'iris, la freddezza siderale dell'anice stellato in un istante lo spinge nella direzione aromatico-speziata e vegetale, quasi fosse un mazzetto di coriandolo fresco.
Il cuore grigioverde di petali leggeri pian piano si macchia con la steccatura arsa del chiodo di garofano mentre la pastosità animale di una traccia d'oud infonde il grigio vellutato dell'iris di toni più caldi, ruvidi e appena cuoiati. Selvaggia e raffinata, l'iris nazarena è dipinta così dei riflessi cangianti di un'interpretazione ipermoderna dell'iris legnoso-speziata a cui appartiene Iris Silver Mist e di cui il capostipite è l'Iris de Coty.
La coerenza stilistica col passato è totale ed anche qui l'opulenza del flacone (lo stesso del rabarbaro di Duchaufour ma in un bel punto di grigio) e della Boutique giocano a contrasto con la trasparenza sobria della fragranza resa ancora più ieratica e senza compromessi grazie al fondo terroso e umido di patchouli, vetiver e muschi che conferiscono buona tenuta ed un appeal più androgino e discreto che mai.
Curiosamente pochi giorni dopo aver sentito Iris Nazarena, ho notato un dipinto su cui non mi ero mai soffermato visitando la Pinacoteca di Brera. Incredibile come l'arte stimoli le associazioni di idee. La scena potrebbe essere Nazareth, pensavo. La simbologia mistica che lega iris e incenso è stata il secondo passo. Il terzo l'aura sobria e misteriosa che avvolge Iris Nazarena.
Madonna con bambino in trono e i SS. Giacobbe e Gottardo (particolare) Marcello Fogolino (1508) |
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