Leonardo Lelli |
Chissà quante volte avete messo il naso nel caffè, magari per riprendervi dalla fatica olfattiva durante una sniffathona, ma avete mai veramente apprezzato l'aroma di un caffè in tutte le sue sfumature? E' stata semplicemente geniale l'idea di aprire la mattinata di sabato con il workshop "Il naso nel caffè", dopotutto non c'è alba senza un buon caffè. Leonardo e Lisa Lelli, artigiani e torrefattori di caffè gourmet della Torrefazione Caffè Lelli, ci hanno guidato lungo il processo di coltivazione, lavorazione e tostatura con competenza e simpatia e in risposta alla domanda provocatoria di Leonardo "Vi aspettate di bere del caffè?" mi sono divertito ad assaporare sniffandole, diverse varietà di chicchi e a scoprire la mia ignoranza completa riguardo a ciò che sta dietro la tazzina.
Sapete quando fiorisce il caffè? Quando si raccoglie o come si coltiva? Mentre per il the avrei saputo rispondere, per il caffè lo ignoravo. La pianta di caffè appartiene alle rudiacee ed ha origini africane, per la precisione etiopi e si è poi diffusa in India, Indonesia e Sudamerica e solo nel dopo guerra è approdata in Brasile anche se ora ne è il primo produttore mondiale. Come per il gelsomino o la rosa, esistono anche diverse specie di caffè fra cui le più note sono Arabica (Etiopia) e Robusta, scoperta solo nel secolo scorso in Congo ma ancora ne sono state scoperte altre di recente.
Naturalmente ogni specie ha le sue caratteristiche organolettiche che dipendono dalla varietà e dalla provenienza, dal tipo di vegetazione che li circonda e con cui scambiano materiale biologico. Purtroppo non siamo educati ad apprezzare queste sfumature dato che la maggior parte dei caffè che si trovano in giro sono delle miscele di varie specie. Il fiore di caffè sprigiona una fragranza dolce e ipnotica tipica dei fiori bianchi come il gelsomino e a maturazione dona una bacca simile alla ciliegia di cui si usano i noccioli. I semi vengono poi estratti per essicazione o spremitura (caffè naturali), oppure lavaggio e fermentazione (caffè lavati). Questi due metodi danno vita ad aromi completamente diversi ma in entrambi i casi di una ricchezza incredibile: si contano circa un migliaio di componenti odorose, almeno quattro volte quelle del vino. Quindi più è aromatico e maggiore è la sua qualità.
Il luogo comune ci vorrebbe tutti grandi intenditori di caffè in Italia, eppure entrando in un bar se per un bicchiere di vino è possibile scegliere tra diversi uvaggi, per l'espresso ne viene servito solo un tipo. Nel nostro paese dopotutto il caffè è diventato un lusso quotidiano per tutti solo nel dopoguerra mentre prima la gente beveva la cicoria (chi si ricorda il Frank?)
La realtà italiana è fatta di tantissime torrefazioni ma solo poche fanno ricerca per promuovere la cultura e la qualità del caffè. La maggior parte e anche diversi grandi gruppi, si è più specializzata nel creare miscele, mentre all'estero prediligono la qualità delle singole varietà.
Dopo aver risposto alle mille curiosità, il signor Leonardo ci ha finalmente lasciato mettere il naso in diverse qualità di caffè: chicchi a crudo per la Robusta Canefora di Java dai toni erbacei e di fieno, mentre prima a crudo e poi tostato e macinato per il Sidamo, intenso e fruttato, che cresce sugli altipiani vulcanici in Etiopia. Per fare il paragone con il caffè che siamo abituati a bere distrattamente a casa o al bar è bastato sniffare una miscela commerciale, non cattiva ma decisamente piatta rispetto al tripudio di aromi di prima. E dopo averci messo il naso la curiosità era troppa per non gustarsi anche una buona tazza di Sidamo, tanto rotondo che zuccherarlo sarebbe un delitto.
Photo credits: Luca Gambi
1 commento:
Lo sapevo che avresti pubblicato questo post, eri così entusiasta a Bologna!
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