29 novembre 2012

Jean Patou Joy Vintage: gli amori e le rose

"Ce bruit de l'or ce rire... et ses éclats joyeux!
A nous les amours et les roses!
Chanter, aimer, sont douces choses..."
Manon - J. Massenet

Vi capita mai di fare delle associazioni fra profumi ed altre forme d'arte? A volte è un un quadro o una foto, altre volte ancora della musica. Spesso succede casualmente e il rimando ha una voce così forte che è impossibile ignorarla. Proprio il caso ha voluto che trovassi il più celebre profumo di Jean Patou, Joy, nella sua formulazione originale in eau de toilette una settimana prima di essere invitato alla Scala per la Manon di Massenet. L'invito di Manon a godere la giovinezza e il gusto francese di cui Massenet e Patou erano maestri (Massenet morì nel 1912, anno in cui Patou creò i primi abiti) sono solo due dei tanti motivi che ne fanno un abbinamento perfetto.



Joy - Pubblicità del 1947
Mentre la storia di Manon finisce tragicamente in America, quella di Joy parte proprio da la. Con la crisi del '29 ed il crollo di Wall Street, Patou fu costretto a chiudere la sua boutique oltre oceano ma un uomo affascinante e audace, amante dei bolidi rombanti e degli sport come lui non poteva arrendersi. Così disse ad Henri Alméras: "Dimenticate che siamo in difficoltà, che i nostri fatturati sono in calo. Vi lascio libero di scegliere le materie prime più belle per fare un regalo alle nostre clienti che potranno venire a Parigi quest'anno". Il profumiere partì rielaborando accordi floreali che già fin dal 1926, sulla scia del successo di Amour Amour, probabilmente stava sperimentando. Tale era la quantità di rosa centifolia, rosa bulgara e gelsomino grandiflorum di Grasse impiegati nel prototipo, che Alméras stesso lo giudicherà troppo costoso per essere commercializzato. Ma,  come potete leggere in un post monografico di Octavian Coifan, Alméras non era meno audace e seduttore di Patou ed accettò la sfida.

Accompagnato dall'amica regina del gossip e dei party Elsa Maxwell, Jean Patou rimase talmente impressionato sentendolo che chiese di aumentare la dose di materie prime naturali. Come suggerisce una celebre formula Alméras miscelò "10.600 fiori di gelsomino e 28 dozzine di rose" per ottenere 30 ml di parfum, formula che Elsa tradusse nello slogan "Joy, il profumo più caro al mondo". Il regalo arrivò nel 1930 inizialmente solo per la boutique parigina e venne accolto con la stessa ventata di ottimismo con cui Manon inneggia all'amore e alle rose. Smaniose di bellezza e piacere come Manon Lascaut e rapite dall'irresistibile effluvio, le facoltose clienti americane dimenticarono la recessione economica permettendo così alla Maison Patou di sopravvivere.

Come lo spartito di Massenet rielabora lo stile musicale del XVIII secolo con arditezze fin de siècle brillanti, così questo capolavoro riprende il tema floreale classico rosa-gelsomino regalandogli una freschezza atemporale, svincolata dalle mode dell'epoca e il primo motivo del suo grande successo forse è proprio questo. In Joy il gelsomino di Grasse è surdosato in quantità imbarazzante quasi fosse un brillante di grande caratura dove il resto è dosato con estrema delicatezza per lasciare che brilli di mille riflessi.
In apertura rosa di maggio e aldeidi danno un'impressione più verde che ricorda l'aspetto saponoso del caprifoglio. L'idea di pulizia delle guance fresche di una ragazza si unisce così all'aspetto appena ceroso delle aldeidi che già allude all'untuosità del gelsomino, alla croccantezza dei suoi boccioli appena rosati. Il cuore rivela finalmente il suo tesoro, un gelsomino sublime, rotondo e mai pesante, più verde all'inizio con una sfumatura buccia di banana e dolcissimo poi, con un che di prugna dato dalla rosa damascena. Nel fondo ylang-ylang e tuberosa felini fanno le fusa senza però uscire allo scoperto, adagiati su un cuscino leggerissimo di sandalo di Mysore e zibetto d'oro. Il suo umore opalino tinge un accordo floreale che nel parfum vintage si fa decisamente animale ma qui è più rarefatto che mai. E' la firma olfattiva di Alméras, la cosidetta "Patou melody",  che scorre in tante sue creazioni fra cui lo speziato Divine Follie ed il mio amato
L'Heure Attendue, un bellissimo chypre balsamico.

Il primo flacone usato per l'estratto fu quello art deco disegnato dall'architetto Louis Süe, che viene usato ancora oggi. In seguito Joy ha avuto diversi flaconi fra cui quello disegnato nel 1932 da Patou stesso, forma tonda e tappo vermiglio ed ispirato alle fiaschette da tabacco cinesi. Quello della mia eau de toilette è degli anni 70.
L'ultima analogia con Manon, la più beffarda, è che lo scritto del 1731 dell'Abbé Prevost venne da subito messo all'indice dalla chiesa, visti gli argomenti scabrosi che trattava. Allo stesso modo di recente l'IFRA ha posto l'accento sul gelsomino come materia prima da porre all'indice. Ciò si traduce in forti restrizioni nel suo utilizzo. Non fraintendetemi, l'edizione moderna di Joy è piacevole, ma molto lontana dal suo spirito originario. Gli integralismi non hanno mai giovato all'arte, ma se il divieto avvolse Manon di un'aura peccaminosa ancora più intrigante, purtroppo agli amanti di Joy non resterà che il drammatico finale: accontentarsi di sentirlo all'Osmothèque.





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