Qualche settimana fa ho avuto il piacere di partecipare all'ultimo incontro organizzato dallo Smell Festival di Bologna sulle Maîtresse Parfumeuse, ovvero un ciclo di tre incontri sulla profumeria in rosa dedicati a Germaine Cellier, Sophia Grojsman e Daniela Andrier. Non ho mai amato particolarmente le creazioni di Madame Andrier, ecco perché mi son detto che forse, guardandola attraverso gli occhi di Francesca Faruolo, sarei riuscito se non ad apprezzarla almeno a conoscerla meglio. Ciò che mi ha piacevolmente sorpreso è stata la sua ultima creazione nella linea esclusiva di Prada, la No. 14: Rossetto.
Daniela Andrier |
Una facile equazione porterebbe a supporre che il successo di Daniela (Roche) Andrier sia in parte dovuto al fatto che sia la moglie di Gilles Andrier, CEO di Givaudan. Sarebbe miope però non considerare che è stata capace di creare comunque una sua cifra stilistica fatta di modernità e rigore senza sconfinare mai nello scarno minimal concettuale. Anche nella linea esclusiva di Prada ha saputo usare ottime materie prime strizzando l'occhio ai classici senza eccessive concessioni alla nostalgia. Quello che mi ha sempre impedito di apprezzarla a pieno è forse un senso di eccessivo pragmatismo compositivo, una sorta di razionalità opaca che percepisco in quasi tutti i suoi lavori. Nulla è mai eccessivo o fuori posto, ogni cosa è funzionale un po' come nell'architettura tardorazionalista italiana al limite del prevedibile. In questo l'ho sempre sentita anche distante dallo stile Prada che è si pragmatico nell'abito ma si smitizza con l'elemento camp ora dell'accessorio vistoso e sbagliato, ora del colore e della fantasia sbagliate. A volte anche assieme.
Prada Spring-Summer 2012 |
Sentendo Rossetto per la prima volta ho avuto un quid emozionale. Mi ha fatto pensare alla Andrier come se fosse la Garbo di Ninocka in cui dopo il successo in film drammatici, si ironizzava che "La Garbo ride!". La fragranza in se non è un capolavoro assoluto ma rappresenta un elemento nuovo rispetto al passato: ci ho ritrovato quella scanzonata allegria di quando Miuccia propone delle scarpe improbabili anche sotto al completo più classico.
Prima di tutto il nome: un oggetto intruso in una collezione dedicata alle note olfattive come Iris, Garofano e Opoponax. Secondo il tema non certo nuovo: il rossetto, elemento feticcio del trucco femminile che ha già ispirato fragranze come Moulin Rouge di Histoires de Parfums e ancora prima il bellissimo Lipstick Rose di Ralf Schwieger per Frédéric Malle. Terzo il profumo chiamato quasi maldestramente rossetto che in realtà usa il pretesto del nome per raccontare un'interpretazione della rosa deliziosa come una Lolita, una rosa stropicciata fra i capelli, che mastica il chewing gum col rossetto sbavato. Quarto il packaging istituzionale reso però giocoso da quel timbro con le labbra rosso fuoco. Non a caso il 14 febbraio, San Valentino, Prada ha lanciato una applicazione legata a Rossetto che permette di creare il proprio artwork personalizzandolo col leit-motiv delle labbra. Per i fashionisti high-tech eccola qui.
A chi in apertura si aspetta il tipico sentore grasso tinto di violetta, rossetto spiazza subito con una partenza rosata e croccante, quasi verde dove la violetta è un accenno e si tinge più volentieri di bacche rosse che di corolle viola. Piano piano la parte fruttata cresce schiudendosi in una pesca bianca e succosa accentuata dal contrappunto mandorlato quasi mangereccio dell'eliotropio. Questi aspetti la avvicinano un po' a Rose Etoile d'Hollande di Mona di Orio, anche se poi le fragranze prendono due strade completamente diverse. Dopo la discreta speziatura di garofano nel cuore, Rossetto infatti rimane decisamente meno ambrato e solo alla fine rivela non tanto l'odore retro e realistico dei vecchi rossetti irranciditi, quanto l'aspetto lattonico e laccato di un lipgloss moderno dalla texture lucida e golosa. Certo Rossetto è ruffiano quel tanto che basta ma stavolta siamo lontani sia dal pragmatismo di Infusion d'Iris e Infusion de Rose che dalla monodia per zucchero a velo di Candy ed annusarlo da una sferzata di ottimismo che nulla di Madame Andrier prima d'ora mi aveva trasmesso.
1 commento:
UUUUH che voglia che mi hai messo, di andare a sentirlo!!!! Io invece amo come lavora la Andrier, il rigore che hai sottolineato tu a me piace, perchè nascosto nel rigore quasi scultoreo e perfettamente cesellato delle sue fragranze, io ci sento anche (soprattutto in molti profumi della serie "privata" di Prada, meno nella linea mass) un tocco di qualcosa di umano, materiale, anche sporco, qualcosa che non ti aspetti, che mi affascina.
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