Si è concluso ieri l'appuntamento di Smell in Black, una tre giorni di appuntamenti dedicati alle sfumature olfattive di tutti i significati del nero. Nero come il bistro delle femme fatale, nero come colore della notte popolata di miti, di riti e magia, nero come l'abisso da cui rinascere a nuova vita. Purtroppo sono riuscito a partecipare solo all'incontro "Un'ombra di profumo - tra vertigini e passione", un viaggio olfattivo al termine della notte accompagnati da Francesca Faruolo organizzatrice di Smell Festival, supportata da Cristina Ganz (alias Lady in Black) e da Giovanni Padovan della Profumeria al Sacro Cuore di Bologna.
In cinque passi dal crepuscolo all'aurora, Cristina ci ha guidato in un percorso dialogato tra le fragranze degustate, descrivendo sensazioni e impressioni scaturite da esse, il tutto sapientemente illustrato da Francesca con sinestesie di letture e filmati da Matilde Serao fino a Chocolat di Lasse Hallström's a molti altri.
Scendono le tenebre e scaturisce la Passione che vede protagonista la tuberosa con le sue note penetranti, incarnata da due interpretazioni molto differenti: Narcotic Venus di Nasomatto in cui Alessandro Gualtieri usa un registro più fiorito e ammaliante e Carnal Flower di Frédéric Malle in cui Dominique Ropion trasforma questo fiore latteo e notturno in una voce roca, verde e linfatica, appena dischiusa e di una sensualità brutale, quasi maschile.
E' Notte e il buio che esclude la vista acuisce gli altri sensi, li amplifica e non ci resta che fidarci del proprio naso e sentire che i profumi si fanno intensi, acquistando una dimensione spaziale ignota. Particolare fascino mi ha suscitato un profumo che non conoscevo, Secrète Datura di Maître Parfumeur et Gantier in cui Jean-François Laporte impiegò ben cinque anni di lavoro per ricreare la suggestione dell'erba delle streghe (che ha molto incuriosito il pubblico) attraverso un'architettura olfattiva complessa e calibrata alla perfezione. La partenza è verde-fiorita di mughetto, limone ed eliotropio ed introduce il tema della sinfonia del fiore di datura, ricostruito con gelsomino e caprifoglio molto intensi con una sensazione di corolle stropicciate. Laroma che ne esala è sostenuto da un fondo complesso con tocchi di cacao e vaniglia che nulla cedono a sbavature gourmand ma regalano la la loro peccaminosa tentazione a cucire invisibilmente iris e muschio bianco più freddi e poudré.
Parlando poi di peccati notturni, non può mancare il Peccato di Gola coi sentori gourmand che danno l'acquolina in bocca, appagano e rassicurano. Tra i vari gourmand assaporati ha fatto certo breccia tra i cuori di qualcuno Musc Maori di Parfumerie Générale. A me ha ricordato certi bonbon della haute chocolaterie francese in cui un involucro di cioccolato croccante e piu amarognolo-speziato dato dal fiore di caffè e anice si frantuma sotto le papille gustative, liberando un cuore cremoso di ciccolato al latte e praline date dal legno cumaru, a stimolare ancora di più i sensi del gusto e del tatto col loro retrogusto nocciolato e la friabile matericità.
Dopo il peccato, nel buio solo i Paradisi artificiali possono accoglierci, pronti alla nostra assoluzione tra i loro eccessi alcolici e fumosi, a farci cadere nell'oblio più profondo che cancella le colpe e le pene. Su tutti hashis e assenzio, paradisi maledetti da sempre celebrati, ritrovano la loro interpretazione olfattiva in Black Afgano di Nasomatto, un potentissimo legnoso aromatico, e in Memoir Man di Karine Vinchon per Amouage che, a dispetto dell'ispirazione che narra di una discesa agli inferi per poi rinascere, mi è sembrato molto piacevole e delicato su mouillette, con una bella apertura verde di assenzio addolcito da basilico e menta per poi affumicarsi di un incenso freddo simile alla resina di cipresso, appena scaldato da rosa, anice e vaniglia che certamente sulla pelle ha una resa totalmente diversa, quindi credo lo riproverò.
Nell'oblio finalmente si liberano gli istinti, le pulsioni più recondite, l'animale che temiamo e ci affascina: Animalìa, malìa animale. Originariamente le note animali venivano usate soprattutto con lo scopo di fissare le altre note di una fragranza essendo le note più vicine alla nostra pelle, al nostro essere animali. Ancora oggi, nonostante i fissativi sintetici vengono usate queste note, oggi quasi tutte sintetiche per rispetto degli animali, in quanto fortemente evocative e magnetiche e in alcuni casi indispensabili ad esaltare certi aspetti indolici di fiori ed erbe. Annusandole mi ritrovo sempre ipnotizzato come i topolini al seguito del pifferaio magico, come suonassero qualcosa che sento vibrare dentro, quasi fossi una cassa armonica. Ne ho avuto la riprova annusando una tintura di zibetto naturale che l'affabilissimo signor Padovan ci ha dato l'opportunità di sniffare: ero rapito tra il pubblico che arricciava il naso mezzo disgustato dalla partenza vagamente fecale ed urinosa ignaro del fatto che, aspettando pochi minuti, si sarebbe aperto il paradiso dei sensi. Allora inizi a sentire un indescrivibile aroma caldo, pulsante, con accenni fioriti, speziati, vellutati e magici da non riuscire a distogliere il naso e la mente. Povero zibetto, però che meraviglia! E ben si sente in Onda di Vero Kern (anch'essa tra il pubblico) dove si sposa a un vetiver fumoso e cuoiato completamente smussato da miele e cera d'api, anch'esse animali e suadenti. Ho avuto modo di provare finalmente il parfum ed è finito direttamente in wishlist: l'ho sentito potente, virile, ferino e a dir poco strepitoso rispetto alla piacevole eau de parfum che avevo gia sentito a Exsence.
Infine arriva l'aurora con le prime luci e dall'abisso dei sensi si riemerge con lo sguardo verso il cielo accompagnati dal canto etereo di Louanges profanes di Parfumerie Générale in cui mi è piaciuto molto quel tintinnar di gigli bianchi come campanelli di cristallo tra soffi d'incenso, per nulla clericale come i gigli incensati di Passage d'enfer de L'Artisan, e con un fondo decisamente più ambrato e caldo di benzoino. Pare che l'ispirazione per questo profumo sia venuta a Pierre Guillaume da una richiesta di ricreare l'odore degli angeli che fanno l'amore. Che sia quel tintinnio di campanelli che ci sento io?
Come ultima chicca del ricco bottino di esperienze olfattive, grazie alla appassionata disponibilità di Giovanni Padovan che ha accolto pochi amici nel suo salotto, la Profumeria al Sacro Cuore, per proseguire la sniffathona e una piacevole chiacchierata, ho potuto sentire Portrait of a Lady, l'ultima creazione di Dominique Ropion per Frédéric Malle. L'interpretazione della novella vittoriana di Henry James viene qui riletta in chiave contemporanea e lo si capisce subito dall'apertura molto verde e acerba, quasi ruvida di ossido di rosa acidulato di foglie di ribes rosso che introducono lo sbocciare della rosa turca vibrante, dai sentori fruttati e vinosi. La corposità di un vino è sorretta anche dal fondo con un patchouli epurato da ogni impurità canforacea e muffita di cui ne lascia solo la fluidità resa spazialmente profonda da ambroxan e da un incenso denso e molto persistente privo di evocazioni mistiche davvero molto interessante. Il tema rosa-patchouli non è certo una novità ma Ropion dimostra di saper dire qualcosa di nuovo, soprattutto per quell'apertura così vegetale, quasi la rosa sbocciasse tra foglie di pomodoro, davvero geniale.
1 commento:
Chissà che bella giornata!!
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