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A nous les amours et les roses!
Chanter, aimer, sont douces choses..."
Manon - J. Massenet
Vi capita mai di fare delle associazioni fra profumi ed altre forme d'arte? A volte è un un quadro o una foto, altre volte ancora della musica. Spesso succede casualmente e il rimando ha una voce così forte che è impossibile ignorarla. Proprio il caso ha voluto che trovassi il più celebre profumo di Jean Patou, Joy, nella sua formulazione originale in eau de toilette una settimana prima di essere invitato alla Scala per la Manon di Massenet. L'invito di Manon a godere la giovinezza e il gusto francese di cui Massenet e Patou erano maestri (Massenet morì nel 1912, anno in cui Patou creò i primi abiti) sono solo due dei tanti motivi che ne fanno un abbinamento perfetto.
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Joy - Pubblicità del 1947 |
Accompagnato dall'amica regina del gossip e dei party Elsa Maxwell, Jean Patou rimase talmente impressionato sentendolo che chiese di aumentare la dose di materie prime naturali. Come suggerisce una celebre formula Alméras miscelò "10.600 fiori di gelsomino e 28 dozzine di rose" per ottenere 30 ml di parfum, formula che Elsa tradusse nello slogan "Joy, il profumo più caro al mondo". Il regalo arrivò nel 1930 inizialmente solo per la boutique parigina e venne accolto con la stessa ventata di ottimismo con cui Manon inneggia all'amore e alle rose. Smaniose di bellezza e piacere come Manon Lascaut e rapite dall'irresistibile effluvio, le facoltose clienti americane dimenticarono la recessione economica permettendo così alla Maison Patou di sopravvivere.
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Il primo flacone usato per l'estratto fu quello art deco disegnato dall'architetto Louis Süe, che viene usato ancora oggi. In seguito Joy ha avuto diversi flaconi fra cui quello disegnato nel 1932 da Patou stesso, forma tonda e tappo vermiglio ed ispirato alle fiaschette da tabacco cinesi. Quello della mia eau de toilette è degli anni 70.
L'ultima analogia con Manon, la più beffarda, è che lo scritto del 1731 dell'Abbé Prevost venne da subito messo all'indice dalla chiesa, visti gli argomenti scabrosi che trattava. Allo stesso modo di recente l'IFRA ha posto l'accento sul gelsomino come materia prima da porre all'indice. Ciò si traduce in forti restrizioni nel suo utilizzo. Non fraintendetemi, l'edizione moderna di Joy è piacevole, ma molto lontana dal suo spirito originario. Gli integralismi non hanno mai giovato all'arte, ma se il divieto avvolse Manon di un'aura peccaminosa ancora più intrigante, purtroppo agli amanti di Joy non resterà che il drammatico finale: accontentarsi di sentirlo all'Osmothèque.
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