All'inizio degli anni '60 una ragazza alla moda che volesse vestire italiano, fondamentalmente aveva due scelte:
Pucci o
Capucci. Le irriducibili delle stampe caleidoscopiche sceglievano il primo. Le fanatiche del taglio impeccabile adoravano il secondo. Sul profumo invece nessun indugio: Pucci partirà con i profumi qualche anno dopo e le sole fragranze che tenevano testa alla raffinata concorrenza francese erano quelle uscite dalle pieghe dell'alta moda firmata Roberto Capucci:
Graffiti e
Parce que.
Facendo ricerche per la mia conferenza "1937-1963 - L'Età Moderna della Profumeria Italiana" ad Esxence 2015, sono riuscito ad incontrare il Maestro Capucci ed abbiamo parlato di come sono nate le sue prime fragranze.
RC: Ero arrivato da poco a Parigi. All'epoca soggiornavo al Ritz dove si ritrovavano un po' tutti, da Coco Chanel sempre chic ed imbronciata al giovane Hubert de Givenchy.
Capucci era già piuttosto famoso e solo pochi anni prima nel 1956
Christian Dior disse che era "
il miglior creatore di moda italiano".
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Roberto Capucci e Tilly Tizzani a Firenze ritratti da Norman Parkinson nel 1961 |
RC: Grazie alla mia amicizia con Jean-Claude, il fratello maggiore di Hubert che si occupava dei profumi Givenchy, conobbi il mondo della profumeria. Un giorno mi disse: "Perchè non fai un profumo?". Così pensai che era un buon momento per completare la mia moda con una fragranza, anzi con due. La prima più luminosa, la seconda più inebriante. Le proposte su cui lavoravamo erano diverse. Non avendo esperienza nel settore, ascoltavo i consigli ma alla fine, come per la mia moda, ho sempre scelto quello che mi piaceva. Non riesco a fare altrimenti.
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International Textiles 1963-64
tradizione vs modernità |
Ho scoperto Graffiti, la più intensa, grazie ad un'amica che la portava a vent'anni. Amo i floreali verdi e le scarse informazioni sul web mi avevano incuriosito ancora di più a risolvere questo enigma verde. Così scavando più a fondo da bravo Indiana Jones della profumeria, ho scoperto che è stato creato da uno dei giovani talenti di allora in Roure: Michel Hy. Nel 1963 Monsieur Hy aveva già creato Fille d'Eve (1952, con Jacques Bercia) per Nina Ricci e Monsieur de Givenchy (1959) e in pochi anni avrebbe firmato Y (1964, ancora con Jacques Bercia) per un altro giovane designer, Yves Saint Laurent.
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Benedetta Barzini in Capucci (1963) |
Sin dale note di testa appare la trama compatta tipica dell'alta profumeria classica, dove i colori sono quelli umidi e polverosi di violetta e giacinto, contrapposti alla pastosità mandorlata del biancospino e al timo pungente che ricorda gli orti mediterranei celando una sottile traccia animale. L'effetto è la superficie increspata di una georgette di seta giallo Napoli che fluttua nell'aria. Dalla sua iridescenza verde traspare un bouquet di fiori più caldo: la dolcezza della rosa, un pizzico di gelsomino per dare setosità e l'insinuarsi felino della giunchiglia su un cuscino chypre balsamico. Mentre l'eau de toilette dal sapore floreale più fresco, verde e vegetale lascia una scia saponosa e talcata, il profumo è un veleno ammaliante che esalta l'asprezza del timo opposta al biancospino mandorlato. La base da l'illusione di una giunchiglia straordinariamente ipnotica di aspetti ambrati e cuoiati sostenuti dal musc ambrette col suo tono liquoroso che mi piace un sacco.
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Roberto Capucci oggi |
Già dalle nette geometrie della confezione disegnata da Capucci stesso, Graffiti emana la sensualità sofisticata e non commune che solo le donne che ha vestito posseggono, bellezze come Catherine Spack maliziosamente ingenua, Silvana Mangano intensamente erotica (la sua bellezza ideale) o ancora l'eleganza spigolosa da sfinge di Benedetta Barzini sottolineata dalla perfezione grafica del pret-à-porter di Capucci di allora. Inoltre la sua sinfonia verde lo incastra come importante tassello mancante fra la brutalità avant-garde di Vent Vert alla femminilità spontanea di Fidji.
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